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Ragù Napoletano leggenda e ricetta

Le ricette partenopee sono tutte davvero molte gustose e accompagnano i piatti della cucina italiana arricchendola di sapori. Il ragù è una delle ricette più conosciute e preparate da tutte le casalinghe da Nord a Sud della penisola, ma il ragù napoletano ha una storia tutta da raccontare e una preparazione diversa da quello solitamente conosciuto.

La preparazione di questa ricetta ha un rito antico ed è un vero e proprio piatto unico da consumare anche così, tramandata di madre in figlia e simbolo della convivialità familiare della domenica.

Storie e leggenda del ragù napoletano

La storia e leggenda del ragù napoletano risale alla fine del 1300 quanto a Napoli vi era la Compagnia dei Bianchi di Giustizia, ovvero uomini che percorrevano la città a piedi e invocavano “misericordia e pace”. Questi giunsero sino a Palazzo dell’Imperatore, struttura ancora oggi esistente in via Tribunali e dimora di Carlo Imperatore di Costantinopoli e di Maria di Valois figlia di re Carlo d’Angiò.

Ai tempi della Compagnia dei Bianchi a palazzo viveva un Signore che era crudele e nemico di tutti e che quando la Compagnia invitò tutti a riappacificarsi fra di loro, costui rifiutò per via di antichi rancori. Il Signore a palazzo, racconta la leggenda, che non cedette neanche quando il figlio, di soli 3 mesi, in braccio alla sua balia incrociò le dita e gridò per 3 volte “misericordia e pace”.

Passò così del tempo e un giorno la sua consorte per intenerirlo gli preparò un piatto di maccheroni bianchi, ma quando glielo porse questo si riempì di una salsa di sangue. Il Signore commosso dall’accaduto decise di riappacificarsi coi suoi nemici e di indossare il saio bianco della Compagnia.

La decisione del tutto inaspettata fece preparare alla moglie nuovamente un piatto di maccheroni che come per magia divennero rossi. Il profumo era invitate e il Signore lo assaggiò affermando che era saporito e molto buono. Gli diede così il nome del suo bambino “raù”

Ragù napoletano caratteristiche

Questo piatto veniva consumato la domenica per condire la pasta con la salsa e consumare la carne utilizzata come seconda portata. Il ragù napoletano è caratteristico perchè viene realizzato con diversi tipi di carne che non è macinata ma utilizzata a pezzi. La carne è tagliata a grossi pezzi. Le carni utilizzate sono di solito il muscolo di manzo, le puntine di maiale, la cotenna, la braciola.

Ragù Napoletano

La salsa richiede una cottura lenta e lunga, deve cuocere sino ad addensarsi e viene utilizzata salsa di pomodoro derivante da pomodori San Marzano. Alcune varianti delle ricetta vedono utilizzare anche del concentrato di pomodoro.

La salsa è pronto solo dopo parecchie ore e quando avrà una consistenza cremosa.

L’ideale è che venga cotto in un tegame di rame e che venga mescolato di tanto in tanto con una “cucchiarella” ovvero il mestolo di legno.

La ricetta del ragù napoletano la potete trovare su Cucina Allweb360.

Ragù Napoletano consigli sul consumo e curiosità

Se vi abbiamo incuriosito e volete provare a realizzarlo a casa vostra, vi consigliamo di prepararlo un giorno prima e lasciarlo riposare per tutta la notte prima di consumarlo.

Il riposo del ragù napoletano sarebbe ideale in una di quelle belle zuppiere di porcellana, come usavano le nonne. La pasta ideale che accompagna questa prelibatezza sono i rigatoni o gli ziti e la carne ricordate di servirla come secondo piatto sempre coperta dal sugo.

Curiosità

In alcuni quartieri di Napoli le donne sono solite utilizzate anche del cioccolato fondente aggiunto alla cottura per correggere l’acidità tipica del pomodoro. Attenzione che il fondente deve essere al 70% e utilizzato per ogni 5 litri 150 gr., la preparazione con aggiunta di cioccolato fondente deve essere meticolosa per errare nelle quantità e dover buttare tutto, per questo se è la prima volta che lo realizzate non azzardatevi in esperimenti di questo tipo.

Vi lasciamo con la poesia di Eduardo De Filippo dedicata al ragù napoletano

‘O rraù ca me piace a me
m’ ‘o ffaceva sulo mammà.
A che m’aggio spusato a te,
ne parlammo pè ne parlà.
Io nun sogno difficultuso;
ma luvàmell”a miezo st’uso.
Sì, va buono: cumme vuò tu.
Mò ce avèssem’ appiccecà?
Tu che dice? Chest’è rraù?
E io m’a ‘o mmagno pè m’ ‘o mangià…
M’ ‘a faje dicere na parola?
Chesta è carne c’ ‘a pummarola

Buon appetito dalla tradizione napoletana!

Silvia Terracciano

Blogger, Copywriter Seo, Ghostwriter, Scrittrice amo scrivere sin ad bambina. Appassionata di discipline olistiche e Naturopata diplomata, amante del buon cibo, delle tradizioni e dei luoghi avvolti dal mistero. Giardinaggio e fai da te sono altre delle mie passioni.